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Lavoro e obbedienza all’autorità

Lungo il percorso lavorativo, in almeno un’occasione, è capitato a tutti di chiedersi: devo seguire le indicazioni del mio superiore, anche se so che sono errate/immorali/ingiuste? Oppure è meglio fare di testa mia, rischiando però di venire ripreso? È questo un quesito di non facile risoluzione. Che rapporto c’è tra Lavoro e obbedienza all’autorità? Spesso nelle scelte che ci si pongono davanti entrano in gioco i nostri valori e le nostre credenze più profonde, contrapposti a sistemi di pensiero che non ci appartengono. Certo non esiste una risposta univoca.

Possiamo dire, però, che è fondamentale stabilire con noi stessi dei punti fermi, dei limiti invalicabili oltre i quali non siamo più disposti ad adattarci. Infatti, sperimentare un’eccessiva dissonanza cognitiva, definibile come quell’angoscia o disagio che proviamo quando le nostre credenze non corrispondono a quello che facciamo, può diventare una fonte cronica di malessere psicologico.
Quali sono i tuoi limiti? E fino a che punto può spingersi l’uomo pur di obbedire all’autorità? Un famoso esperimento psicologico può aiutarti a scoprirlo.

L’esperimento di Milgram

Nel 1974, Milgram reclutò 500 persone, disposte a partecipare ad una ricerca scientifica all’Università di Yale e le invitò in un laboratorio. Uno sperimentatore chiese loro di prendere parte ad uno studio. Questo riguardava il ruolo delle punizioni sull’apprendimento, in cui un insegnante poneva dei quesiti ad un allievo. Con un finto sorteggio, ai partecipanti venne sempre attribuito il ruolo di insegnante, e ad un complice dello sperimentatore quello di allievo.

Lo svolgimento

L’insegnante si poneva di fronte al quadro di controllo di un generatore di corrente elettrica, composto da 30 interruttori a leva posti in fila orizzontale. Sotto ognuno degli interruttori era indicato il voltaggio, dai 15V del primo a sinistra ai 450V dell’ultimo a destra. Sotto ogni gruppo di quattro interruttori apparivano le seguenti scritte: 1-4 scossa leggera, 5-8 scossa media, 9-12 scossa forte, 13-16 scossa molto forte, 17-20 scossa intensa, 21-24 scossa molto intensa, 25-28 scossa molto pericolosa, 29-30 XXX.

L’obbedienza all’autorità e le circostanze

Il compito dell’insegnante consisteva nella lettura di coppie di parole e nella successiva richiesta all’allievo di individuare quale fosse l’associazione corretta tra quattro alternative. In caso di risposta sbagliata, l’insegnante doveva infliggere una punizione, aumentando l’intensità della scossa a ogni errore dell’allievo. L’allievo riceve un elettrodo sistemato al polso, collegato al generatore di corrente posto nella stanza accanto. Il suo compito era quello di rispondere alle domande, e fingere una reazione con implorazioni e grida al progredire dell’intensità delle scosse (che in realtà non
percepiva), fino a che, raggiunti i 330V, non doveva emettere più alcun lamento.

Quattro livelli tra insegnante e allievo

Erano previsti quattro livelli di distanza tra insegnante e allievo: nel primo l’insegnante non poteva osservare né ascoltare i lamenti della vittima; per quanto riguarda il secondo poteva ascoltare ma non osservare la vittima; nel terzo poteva ascoltare e osservare la vittima; nel quarto, per infliggere la punizione, doveva afferrare il braccio della vittima e spingerlo su una piastra. Il numero dell’ultimo interruttore premuto da ogni soggetto prima di interrompere la prova misurava il grado di obbedienza.

I risultati

Un considerevole numero di partecipanti andò avanti sino alla scossa più forte: il 65% nel caso del primo livello di distanza, il 62% nel secondo, il 40% nel terzo e il 30% nel quarto. Per descrivere il fenomeno, Milgram utilizzò il concetto di stato eteronomico: una persona inserita in un sistema autoritario passa da uno stato di autonomia ad uno in cui non si sente più libera di agire, perché deve soddisfare le richieste e le aspettative degli altri.

Un altro studio

É stato svolto un altro studio affine per testare il rapporto tra Lavoro e obbedienza all’autorità. Un ospedale degli Stati Uniti coinvolse 22 infermiere in un esperimento analogo. Esse ricevettero una telefonata da parte di uno sperimentatore. Il quale, spacciandosi per un medico dell’ospedale, ordinò loro di somministrare a un malato un dosaggio eccessivo di un farmaco non autorizzato. Il 95% delle infermiere obbedì alla richiesta (anche se fu fermato in tempo), sebbene ci fossero buoni motivi per mostrare cautela di fronte ad un ordine del genere: la prescrizione telefonica violava la prassi dell’ospedale; il prodotto, non autorizzato, non faceva parte del corredo farmacologico del reparto; il dosaggio prescritto era pericoloso; la direttiva veniva da una persona che l’infermiera non aveva mai visto né sentito nominare prima.

 

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